“Ma come ti va?!” Questa è stata la frase che mi sono sentita ripetere più di tutte quando ho raccontato ai miei amici come avrei passato quest’anno la Settimana Santa. L’esperienza delle missioni è qualcosa che ti cambia nel profondo, che ti spinge a fare ciò che prima non avresti mai neanche pensato, a guardare la tua realtà quotidiana con occhi diversi. È qualcosa che non puoi veramente capire finché non la vivi.
Credo che la cosa più difficile sia scegliere di partire per la missione, scegliere di sacrificare dei giorni di vacanza e riposo per aiutare qualcuno che nemmeno conosci e per un Dio con cui magari non parli da tanto, troppo tempo.
Durante i giorni di missione scopri come tutti i fastidi, che nella vita di tutti i giorni vedi come drammi, come la stanchezza o la fatica, possano diventare senza importanza. Come Dio sia davvero vivo nell’amore che doniamo o riceviamo: nelle persone che aprendoti la loro porta ti aprono le loro vite, nei bambini che ti aspettano e si ricordano di te anche dopo un anno, nei malati che incontri all’ospedale e che affidano le loro sofferenze alle tue preghiere.
L’anno scorso è stato il primo anno che facevo una missione. Ha cambiato nel profondo il mio essere e il mio sguardo sulla vita: volevo dare ma non mi sarei mai aspettata di ricevere tanto dagli abitanti del borgo, dalle altre missionarie e da Dio improvvisamente così presente, vicino e vivo.
Quest’anno invece è stato diverso perché sapevo cosa aspettarmi ma è stato ugualmente intenso e sorprendente. È stato bello riconoscere nelle altre ragazze ciò che io stessa avevo vissuto l’anno prima: vederle partire restie quasi impaurite e tornare la domenica con un sorriso luminoso e una forza che potrebbe smuovere le montagne, una forza che nasce da un amore che è infinito e che riempiendoti ti cambia.
Ho approfondito ancora di più la sofferenza della solitudine di anziani che vivono in case sempre troppo grandi per esser riempite da una persona sola. Non mi scorderò mai il tono di voce di una signora che piangendo mi diceva: “È brutto vivere da soli!”.
Ho fatto per la prima volta la visita all’ospedale e credo che pregare insieme ad una signora stesa a letto, paralizzata, che ci chiedeva in lacrime di continuare, sia stata una delle esperienze più toccanti della mia vita. Quando sei lì fare del bene viene così facile e naturale che ti sembra di non fare mai abbastanza, ma parlando con le persone capisci davvero quanto la nostra presenza sia per loro segno di amore e speranza.
La cosa più bella è stata quando dei bambini mi hanno detto che avrebbero voluto, un giorno, diventare missionari anche loro, è bello essere un esempio positivo quando attorno a te vedi un mondo che che sta perdendo la rotta.
Molto spesso è difficile riuscire a vedere Dio e il suo amore in un mondo che lo attacca, che lo sopprime, e vivere esperienze come quella della missione di Settimana Santa aiuta a cambiare il modo di affrontare i problemi della quotidianità, a dare un senso più profondo alla vita, a sorridere, davvero.
Martina, Missioni di Settimana Santa, Sansepolcro 2016
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