Avresti mai pensato di finire in carcere?

“Le 7 opere di misericordia” è il nome del progetto apostolico che Gioventù Missionaria-Roma sta portando avanti in occasione dell’anno giubilare. Sabato 30 aprile, i giovani missionari hanno incontrato don Vittorio Trani, cappellano del carcere Regina Coeli, che ha raccontato loro la realtà della vita in carcere e le storie, alcune di conversione, che lui ha visto in circa 30 anni di servizio. Domenica 1 maggio il cappellano ha permesso ai giovani di partecipare alla S. Messa con i detenuti: i missionari li hanno ringraziati per l’accoglienza e per la gioia di trascorrere insieme la domenica e dopo la messa si sono fermati a cantare con loro.

“Ho pensato” ha scritto Chiara, “alla distanza che c’è tra la legge morale e il diritto positivo, alla finalità ordinatrice della legge che spesso perde di vista il fine ultimo di realizzare una giustizia superiore e ho cercato di vivere questa esperienza sgombra da pregiudizi. Sapere che peccato e illegalità non coincidono, che tra la gente libera e impunita che si incontra per strada e vive nel lecito c’è ampio spazio per condotte immorali e umanamente inaccettabili ma giuridicamente irrilevanti mi ha fatto capire che avevo davanti persone giudicate e condannate secondo una legge fatta da altri uomini; che non c’è più peccato lì che per le strade e che, visti dall’alto i loro cuori potrebbero essere meno peccatori dei nostri”.

“L’esperienza del carcere è stata per me un’emozione del tutto nuova ed inaspettata” ha detto Rossana, “non pensavo potesse scuotermi cosi in profondità… cos’è davvero la libertà per l’essere umano, e cosa può significare per l’uomo, essere “libero” per natura, vedersi rinchiuso in una cella?

Fino all’istante in cui i miei occhi hanno incrociato lo sguardo di quelle persone, non mi ero mai davvero sforzata di comprendere tutto ciò. Cosa potesse nascondersi dietro quello sguardo, quanta sofferenza, quanto grande potesse essere l’umiliazione per la dignità umana. Mi sono chiesta se anche in carcere un uomo potesse sentirsi libero e mi sono data una risposta.

Libertà non è solo quella che c’è fuori, data dal tempo e dallo spazio, ma qualcosa di più profondo. La piena libertà, la piena felicità per l’uomo sta nello scoprire dentro di sé, uno spazio di libertà che niente e nessuno potrà portargli via.

Si tratta di quella libertà interiore, la libertà del cuore, di amare, che ognuno possiede come dono, che va educato e coltivato, scoperto, che libera dalla schiavitù dei condizionamenti esterni e apre il cuore alla speranza e all’Amore.

Mi sono resa conto di quanto in situazioni così estreme come il carcere o qualsiasi altra condizione che limiti fisicamente la libertà umana, questo spazio di libertà interiore possa allargare il cuore e spingere oltre la prigionia.”

Il progetto “le 7 opere di misericordia” ha avuto inizio in febbraio, quando i giovani missionari sono andati in piazza San Pietro e hanno portato coperte e vestiti ai clochard che dormono sotto il colonnato (“Vestire gli ignudi”). La prossima opera di misericordia che metteranno in pratica è “visitare gli infermi”: andranno a trovare i bambini ospiti del reparto di neuropsichiatria infantile dell’ospedale Gemelli.