In una tranquilla giornata di Aprile, mia madre mi chiese se volevo provare a fare un’esperienza diversa dal solito: andare in missione a Medjugorje.
Un bel no disinteressato fu la mia prima risposta. Ma lei non demordeva. Continuava a propormi questa missione, questa nuova esperienza. Cedetti e decisi di accontentarla, accettando di partire. Ma con un si poco convinto, che lo divenne ancor meno quando lessi la mail che riportava scritto il programma della missione: partenza alle 4 da Padova, 13 ore di pullman, fidarsi e lasciarsi guidare, rimettere a posto case, salite su monti a mezzanotte…
Era, però, un periodo nel quale mi stavo ponendo molte domande riguardo la fede, e l’idea di conoscere persone a me simili mi fece mandare giù la pillola.
Mi dimenticai subito della missione, almeno fino al giorno prima della partenza. Giorno in cui stavo per decidere di non partire. Non ne avevo nessuna voglia, nessun interesse e l’idea che il Signore mi potesse chiamare mi terrorizzava.
Ormai però ero arrivata fino a Padova, quindi non mi restava che salire su quel pullman con gente sconosciuta e partire.
Appena arrivati a Medjugorje, siamo corsi al festival dei Giovani. In quell’esatto momento mi sono resa conto che ero nel posto giusto al momento giusto.
I nostri giorni erano scanditi da una mattinata di lavoro, pranzo, riposo, catechesi e festival dei giovani che concludeva la giornata.
Per quanto stancante, la mattina mi alzavo felice di stare con persone che tiravano fuori il meglio da me. L’idea di affrontare una giornata con loro, piena di risate, ma anche di momenti importanti e di riflessione, mi permetteva di buttarmi a capofitto e in maniera serena.
Ho conosciuto quel lato di Dio che mi era sfuggito in tutti questi anni… il lato paterno, il fatto che Lui è veramente nostro Padre, e che, come tale, ci ama e ci amerà sempre.
Ogni volta che andavo al festival dei giovani mi rendevo conto di quanto fosse bello pregare e creare un dialogo con Dio. Ogni attività mi ha arricchita e mi ha aperto gli occhi. Ad esempio quando speravo di essere di nuovo assegnata alla ristrutturazione delle case, e invece mi è capitata la giornata con i bambini. Mentre giocavo con loro ho capito che io non ero lì per me, ma per loro e Dio.
Ho avuto la fortuna di vivere quest’esperienza non solo con i ragazzi, con i quali ho legato moltissimo, ma anche con P. Francesco, P. Edgar, Fr. Pedro e Antonella. Ci hanno aiutato a vivere al meglio questa missione. Non ci sentivamo eroi, ma missionari nel quotidiano. Non si limitava allo straordinario, era entrato a far parte dell’ordinario, della nostra vita.
Tornata a casa, l’unica domanda alla quale dovevo ancora dare una risposta era: quando ci sono le missioni di capodanno?
Caterina (Missioni Estive in Bosnia 2019)